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Una vita senza musica è come un corpo senz’anima. (Marco Tullio Cicerone)
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Il rock non eliminerà i tuoi problemi. Ma ti permetterà di ballarci sopra. (Pete Townshend)
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Dove il mondo fallisce, parla la musica. (Christian Andersen)
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Dove le parole non arrivano... la musica parla. (Ludwig Van Beethoven)
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La musica può rendere gli uomini liberi. (Bob Marley)
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In un periodo temporale che va dai dieci anni fa ai cinque anni fa, Umberto Tamilio in arte "UmbOzzy" rilascio un'intervista, mai pubblicata, ad una fanzine dell'epoca.

Nell'intervista (senza peli, come dal titolo) il cantante dei gruppi romani Rude, 4WD e Hydra ci parla degli anni ottanta e del suo rapporto con i succitati gruppi.

Chiunque sia a conoscenza di chi era l'intervistatore e quale era la fanzine, se può gentilmente comunicarcelo in maniera di dare il giusto merito a chi dovuto.


Ecco l'intervista:

Intervista senza peli a Umberto “umbOzzy” Tamilio

D: Chi sei?
R: Mi chiamo Umberto Tamilio (in arte umbOzzy), nato a Roma il 15/02/1963. Sono (stato?) un cantante metal fin dagli anni 80, ma anche compositore con tastiere virtuali, nonché scrittore dell’ultima ora.

D: Come nasce l’amore per il canto?
R: Credo che sia stata una facoltà innata. Da quando avevo tre anni mi nutrivo di canzoni dell’epoca e a quattro anni cominciai ad esibirmi alive sul terrazzino del mio condominio con una scopa in mano cantando a squarciagola “Il Cuore Matto” di Little Tony, con la gente affacciata a seguire allegramente le mie performance.

Quando però un mio zio musicista orchestrale milanese consigliò la mia famiglia di farmi imparare uno strumento vista la mia passione, la mia scelta ricadde sulla batteria. La passione durò poco più di qualche mese, visto che i condomini cambiarono opinione non apprezzando più le mie esibizioni alive fatte di tom, rullanti e piatti che rimbombavano per tutto il vicinato. Così ripresi a cantare e stop!

D: Chi ti ha introdotto nel mondo del rock/metal?
R: Non è facile trovare il mentore. Come illuminazione direi sicuramente i Kiss con il secondo Alive nel 77 e con la pubblicità fatta a mò di video clip su una Tv locale romana dalla Casablanca Records che trasmetteva random due brani dei Kiss e due degli Angel (altra glam band da me adorata).

Ma prima ancora sono stati i 45 giri soprattutto di Suzy Quatro che mi facevo comprare dai miei genitori quando ancora non avevo dieci anni.

D: Con chi hai suonato?
R: Tra le bands più rinomate nel metal romano degli anni 80, cito i Rude (una delle prime glam rock bands capitoline, anche se atipica nel genere in cui era inquadrata), i Four Wheel Drive o 4WD che dir si voglia e gli Hydra, tre gruppi con dell’alto potenziale ma che alla fine non sono andati oltre ai classici demo-tapes dell’epoca

D: Bands dunque che suonavano generi diversi. Cominciamo con i Rude: quali sono i tuoi ricordi.
R: Beh, come si dice il primo amore non si scorda mai. Feci una session con i Mausen (poi diventati Miss Daisy) nel 1985, principale glam band capitolina dell’epoca, nel momento in cui cercavano un quarto componente, visto che il buon Rocco Fortunato (R.I.P., fratello) non voleva più cantare e dedicarsi principalmente alla chitarra (suo amore principale), salvo poi ripensarci.

Registrammo una cassetta rifacendo l’intero primo album dei Motley Crue (Too Fast For Love) in uno studio di Trastevere. Era perfetta. Potevamo tranquillamente spacciarla come un bootleg degli M.C., tutti felici e contenti, ma poi quando la mia voce si doveva adattare ad armonie più compassate e pulite presenti nella scaletta dei Mausen il risultato fu una delusione.

La mia voce alta e roca non rientrava nei canoni della band. Mi indirizzarono così dai loro amici Rude, che avevano già scritto dei brani ma che non avevano un cantante che li interpretasse. Insomma loro cercavano un cantante ed io una band e il connubio fu perfetto anche perché la mia voce roca, allora incontrollata ed alta era perfetta per i loro tempi più speed che glam.

Avevamo creato nell’epoca romana in cui esisteva una spaccatura tra metal trashers e glammers, uno stile che portava tutti a seguirci nelle esibizioni alive con il rischio di risse intestine all’interno dei locali dove ci esibivamo.

D: Cose belle e brutte con i Rude?
R: Le cose belle è che ce la vivevamo come una banda di amici, uniti, ognuno con il libero arbitrio di comportarsi nella vita come meglio gli piaceva (e in quel periodo qualsiasi eccesso era lecito). Ma sempre uniti.

Mi rimangono felicemente in testa le cantate in macchina al ritorno da una giornata al mare passata insieme, ma purtroppo ancora di più quel cazzo di giornata estiva passata insieme al mare in attesa di tornare a Roma per andare direttamente al Tenda di Piazza Mancini a vedere i Saxon.

In quegli anni non avevamo, sfortunatamente, i cellulari e solo in all’arrivo al teatro Tenda, l’organizzatore dei nostri concerti ci comunicò che ci aveva cercati per tutta Roma, in quanto avremmo dovuto fare da spalla proprio ai Saxon in quella serata.

La parete di cartongesso che introduceva al Tenda fu frantumata da uno pugno passato attraverso ad essa. Non vi dico chi fu a tirarlo!

Le cose belle erano comunque legate all’ambiente in cui ci trovavamo per suonare. Un intero agglomerato di sotto-quartiere (Suburra), in cui ogni palazzo aveva cantine in cui suonavano metal e punk bands. Era la nostra base, con il nostro muretto, la nostra birreria e il nostro vecchio “Vespasiano” in cui pisciare dopo aver tracannato litri di birra. Cantine sempre piene di fans del momento che venivano a sentire le prove dei loro gruppi romani preferiti.

Eravamo un ghetto di gente vestita in pelle e borchie al di fuori del quale eri visto come un alieno. Eravamo i precursori del genere a livello romano ma anche nazionale. Era appartenenza volutamente ghettizzata ma purtroppo, come musica, una ghettizzazione che avrebbe dovuto aspettare qualche anno per essere sdoganata.

Di brutto non ricordo nulla salvo qualche normale litigio al nostro interno, ma sempre nel limite di qualche vaffanculo reciproco. Non seppi mai il perché dell’allontanamento del nostro primo storico bassista Sergio Grammatico, degnamente sostituito da Fabrizio Sciannameo (poi bassista e produttore di Alex Britti) e questa separazione mi sorprese negativamente.

D: Quanto durò il connubio?
R: Per quel che mi riguarda un paio di anni (dall’85 all’87), il tempo di registrare due demo tapes + un terzo come favore al combo nel momento che si erano trasferiti a New York ed io avevo mollato il progetto. Fu quella la causa del mio abbandono in quanto se mi allontanavo più di 100 chilometri dal Colosseo ne sentivo immediatamente nostalgia.

D: Dopo di che?
R: Beh, la nomina dei Rude nel giro locale e nazionale girava e così, sapendo del mio stato di disoccupato musicale, fui contattato dai Four Wheel Drive (classic metal band con spiccate tendenze al genere maideniano).

Nel frattempo scrivevo i testi anche per gli Hydra, con il cui primo cantante, Fabio “nebbia” D., ero (e sono tutt’ora) grande amico tanto da alternarci nel 1986 al microfono nelle sale prove di Rude e Hydra nel momento che uno di noi era assente o ubriaco in qualche angolo della cantina o in dolce compagnia nei migliori dei casi.

Diventai così ufficialmente singer dei 4WD anche se avevo da togliermi nel frattempo di mezzo l’anno di naja.

D: Cose belle e brutte con i 4WD?
R: Sinceramente ho ricordi più grigi che luminosi di quel periodo.

Nulla contro i componenti del combo, anzi, come al solito si gironzolava insieme nei momenti di libertà, tanto da esserci creati una comitiva di ragazze con le quali poi ci siamo anche approcciati (fidanzati è un parolone).

No. Troppi fattori negativi a livello musicale: l’abbandono dei Rude è stato comunque un trauma per me con il quale ho convissuto male per un bel po' di tempo, poi l’anno di militare con la mia bella chioma rasata in mezzo alle Alpi bellunesi, durante il quale anche il mio “approccio” femminile mi lasciò.

Per non parlare del cambio di stile vocale a cui dovevo adattarmi. Sembra una stronzata, ma passare all’improvviso da un genere in cui fai l’eco ai Motley Crue o ai Wasp a uno in cui ti ispiri ai Maiden non è semplice, soprattutto per uno che fino a quel momento dava priorità alla sua maggior dote vocale (la potenza), non allenandosi sulla tecnica (e con una band del genere non te lo potevi permettere).

In più tutti i brani dei 4WD erano scritti in toto dal chitarrista e leader della band, Massimo Farina (e quindi anche le armonie vocali). Mi trovavo in pratica con la pappa pronta da mangiare alla quale dovevo solo aggiungere il condimento di un testo da associare.

Era frustrante e la cosa non sarebbe durata molto. Il tempo dell’incisione del primo demotape (The Last Cry), di un paio di concerti e di una gita con la band a Londra, nel momento che mi congedai da militare.

Poi ebbi il benservito. Massimo era anche un ottimo cantante e quindi poteva benissimo interpretare meglio le sue creazioni rispetto a chi le copiava semplicemente. E infatti al mio posto fu assunto nella band un chitarrista solista che sinceramente parlando rese ancor più completa e conforme la band per il genere che proponeva.

Di positivo di quell’esperienza mi rimane la stesura di una stessa storia legata a due canzoni di The Last Cry, “Immortal Child” e l’omonima “The Last Cry” (in pratica un piccolo concept work), tratta da vecchie visioni fantastiche che scrivevo ai tempi di scuola, la copertina di quel demo tape disegnata da mio padre a fronte proprio di quella storia e l’aver usato finalmente un po' di tecnica allenando le corde vocali anche sulle note più basse (e ciò mi sarebbe servito nel futuro immediato).

D: Futuro immediato?
R: Si, perché in quel 1988 il mio amico cantante degli Hydra, Fabio “nebbia” D. lasciò la band.

Era quasi fisiologico che sarei stato io il sostituto naturale. Conoscevo a memoria le canzoni le cui melodie mi piacevano tantissimo e l’esperienza vocale con i 4WD (con i quali ero ancora in forza), me le faceva cantare in maniera perfetta per le armonie proposte dagli Hydra.

D: Hydra, quindi: cose belle e brutte:
R: Belle direi.

Probabilmente a livello di formazione musicale ancor più belle di quelle avute con i Rude. Rispetto alle altre due bands, con gli Hydra non ho mai avuto quell’impegno formale che appunto ti impegna in qualcosa di forzatamente dovuto. Scrivevo già testi per la band qualche anno prima senza farne parte.

Mi sono trovato alla perfezione con il loro leader alla chitarra (Fabio Lanciotti) con il quale a livello di registrazione ho cominciato a muovere le mani sulle tastiere, creando ulteriori armonie a brani già belli al naturale. E con quella acquisizione cominciai a scrivere per la prima volta brani sia miei, che in cooperazione con il buon Lanciotti.

Gli Hydra erano un combo atipico, variegato e comunque ben assortito nei gusti musicali anche se ciò creava un po' di confusione. Il primo cantante (Fabio “nebbia D.) tendeva ad un’impostazione aggressiva nel suo modo di scrivere le sue intuizioni e la band, nel dualismo capitolino Trash/Glam partecipava a concerti più inquadrati verso il primo dei due orientamenti.

Niente di estremo, intendiamoci, ma le inclinazioni tendenti a Motorhead/Metallica del buon “nebbia” erano evidenti. Fabio Lanciotti, nel suo modo di concepire lo stile metal, era più incline a melodie classiche salvo poi illuminarsi musicalmente come accadde con me con i Kiss.

Il batterista Fabrizio Deana proveniva dalla trash band Outrage. Il primo bassista e fondatore della band Marco Muriana propose addirittura un brano strumentale quasi epico medievaleggiante e questo fa capire l’assortimento di pensiero che aleggiava all’interno del combo.

Con la fuoriuscita di Fabio “nebbia” e anche di Muriana fu quasi naturale che il genere proposto con i successivi brani dal 1988 in poi prendesse una piega univoca legata a gusti simili proposti da me e Lanciotti.

Resta però il fatto che, nonostante che io e Fabio Lanciotti scrivessimo dei bei brani, personalmente quella confusione di arie che assemblavano più generi, con il senno del poi, ci stavano bene.

E le hit della band (vedi I’ll Be Free e Twilight Fire) furono scritte prima del mio ingresso in pianta stabile negli Hydra, anche se scrissi io i testi e in seguito in fase di registrazione aggiunsi delle tastiere.

D: Niente di brutto?
R: Di negativo vi era una situazione che creò però un interessante alone di mistero intorno alla band: il continuo cambio di componenti, soprattutto nel ruolo di bassista in cui non trovavamo pace, vedeva la band impegnata maggiormente in lavori fatti in studio che non alive.

I kids che in qualche modo sentivano su audiocassette il nostro materiale dicevano: “Fighissimi, ma non si trovano mai in eventi live!” E quei pochi eventi alive capitavano pure in casi particolari.

Una volta suonammo nel liceo di Lanciotti il giorno dopo essere tornati da un concerto metal di Milano (non ricordo se Metallica). Mi trovai a suonare quel concerto in uno stato di confusione totale sia per l’alcool ingurgitato il giorno prima che per quello ingerito nella data del concerto che ad oggi non ho proprio memoria di averlo fatto quel concerto.

Una foto avuta dal buon Lanciotti dopo decenni di quell’esibizione mi ha fatto esclamare: “Cazzo, ma ho suonato insieme a Marco Muriana al basso? Pensavo di non aver mai suonato alive con lui!”.

Beh, cose che capitano nel mondo del rock! Comunque di negativo la solita storia. Registri un paio di demo tapes, rischi di essere inserito con un brano in una compilation nazionale su vinile salvo l’improvviso fallimento della produzione e arrivederci…è stato un piacere!

D: Perché mai oltre ai demos, visto che il problema era quello?
R: Semplice. Perché eravamo i capostipiti del genere metal a livello romano e nazionale. Eravamo quelli ghettizzati in un quartiere fuori dal quale un tipo vestito di pelle e borchie appuntite ai polsi era visto come un alieno da tutti, benpensanti, borghesi e proletari.

Ricordo una volta che assistendo in venti metallari sul muretto sovrastante la Suburra (metropolitana Via Cavour) ad un a manifestazione di femministe, fummo bersagliati di insulti e quindi inseguiti giù per le scale fino al cuore del nostro ritrovo da un nugolo di donne incazzate.

Fuori dal ghetto eri semplicemente un disadattato sociale. E questa era la situazione di tutti, anche di quelle band più importanti nazionali a cui ti ispiravi.

Mi viene da pensare ai capostipiti romani del genere metal, i Raff, che nonostante avessero fatto da spalla a gruppi metal internazionali alla fine rimasero limitati ad autoproduzioni.

Questo perché in Italia a livello di produzione musicale si cavalca sull’onda che arriva anni dopo dalla sua origine.

Le pochissime bands che riuscirono ad incidere un vinile degno di nota (mi vengono in mente Astaroth e i già citati Miss Daisy) furono quelle che si rivolsero ai tempi a produzioni estere.

Come dice una frase storica di guerra “non mancò il valore, ma la fortuna!”.

Restano però i ricordi di una giovinezza bellissima, originale e vissuta da rockstar “de noantri”, come si dice a Roma, in cui ti sei divertito perché eri in possesso di qualcosa di tuo, che amavi e che il resto della società ripudiava.

Defenders of the Faith (difensori della fede) come citava una band metal e come riportava a livello romano il buon papà dei metallari “Baffojorg” che rimane sempre nel mio cuore come uno dei tanti fratelli nel metal che oggi non sono qui tra noi.

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